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Flash Interview all’artista Giuliano Cataldo Giancotti

Giuliano Cataldo Giancotti è un artista che unisce la forza della materia alla leggerezza del pensiero. In questa intervista ci racconta qualcosa di sé, del suo modo di lavorare e di osservare il mondo, con la precisione dello scultore e l’anima del viaggiatore.

 

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Se dovessimo presentarti come artista in sole tre parole, quali sceglieresti per raccontare la tua essenza?
Sceglierei geometria, movimento e colore, perché sono i tre periodi che mi hanno contraddistinto. Ho iniziato facendo sculture astratto geometriche, poi ho creato sculture che danno il senso di movimento e infine ho iniziato a usare il colore, perché prima lavoravo solo con il colore naturale del ferro che è il grigio scuro

La tua formazione presso l’Accademia di Belle Arti di Brera è culminata con una tesi sul viaggio come trasformazione. In che modo questa ricerca ha influenzato il tuo modo di lavorare oggi?
Il viaggio ha avuto un ruolo fondamentale nella mia ricerca artistica. Mi sono sempre sentito vicino a figure storiche e artisti viaggiatori, e col tempo il viaggio è diventato parte integrante del mio quotidiano, sia per lavoro che per passione. Scoprire luoghi insoliti stimola costantemente la mia creatività: osservo, fotografo e poi rielaboro ciò che vedo attraverso il disegno. Essendo cresciuto cambiando spesso casa – almeno 15 volte, anche in nazioni diverse – ho sviluppato una forte capacità di adattamento e un’attenzione particolare alle differenze culturali e territoriali, che cerco di trasferire nelle mie opere. Chi resta sempre nello stesso posto rischia di non vedere più ciò che lo circonda; chi viaggia, invece, continua a meravigliarsi. Ed è proprio questo sguardo curioso che cerco di mantenere vivo.

 

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Il ferro è il materiale che hai scelto come elemento portante delle tue creazioni. Quali caratteristiche di questo materiale lo rendono per te così espressivo e congeniale alla tua ricerca artistica?
Da quando ho iniziato a lavorare con il ferro, non sono più riuscito a lasciarlo: è stato un colpo di fulmine. Poter piegare, modellare e fondere il metallo secondo la mia visione è stata una scoperta straordinaria. L’idea di partire da semplici tondini e dare forma alla terza dimensione, costruendo spazi e strutture complesse, mi ha aperto possibilità che altri materiali non mi offrivano. Attraverso le mie sculture cerco di trasformare il ferro, di renderlo morbido, leggero, quasi fluido, l’opposto dell’idea rigida e pesante che normalmente si associa a questo materiale.

La tua arte spazia dalla scultura tradizionale alle opere interattive con flussi luminosi, fino a paesaggi tridimensionali ispirati a schizzi di viaggio. Quali sono le fonti di stimolo che alimentano la tua creatività in questi diversi ambiti?

Allora le mie fonti di ispirazione sono principalmente i viaggi, come detto, anche prima, ma anche gli studi che ho fatto nel mio percorso di ricerca tra cui lo studio della storia dell’arte, lo studio dell’archeologia, dell’architettura e della natura. Le cose che mi attirano principalmente sono gli edifici antichi e i loro significati simbolici, i simboli con le loro moltitudine di sfaccettature e significati e i paesaggi molto particolari. Poi ci sono anche altri ambiti che hanno ispirato il mio lavoro tra cui l’astronomia, le culture orientali, la filosofia e il misticismo che inserisco in ogni mia creazione.

C’è un luogo in cui ti piace di più creare, dove ti senti davvero ispirato?
L’ispirazione può nascere ovunque: in un interno o all’aperto, in macchina o seduto su una panchina. Arriva mentre osservo il mondo o leggo qualcosa che mi accende un’idea. Poi inizia un processo lungo: continuo a pensarci per giorni, finché nella mia mente prende forma un’immagine chiara. Solo quando ho risolto mentalmente tutte le questioni tecniche e di significato, prendo carta e matita e comincio a disegnare. Ma la realizzazione vera può richiedere tempo: a volte passano persino anni prima che uno schizzo si trasformi finalmente in una scultura.

 

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Tra le opere di altri artisti, ce n’è una che consideri un punto di riferimento per la tua evoluzione artistica?
Mi affascina molto Constantin Brancusi, sia per le sue grandi sculture nel parco di Târgu Jiu sia per le opere di dimensioni più contenute, in realtà, mi piace tutta la sua produzione! Mi ha colpito profondamente anche il modo in cui disponeva le sue opere nel suo studio, oggi ricostruito nell’Atelier Brancusi, che purtroppo non ho ancora visitato ma che ho studiato a fondo attraverso fotografie e documentazioni. All’inizio del mio percorso artistico ho attinto molto da lui: ho sempre ammirato il suo uso essenziale e potente della forma geometrica, la purezza delle linee, la capacità di collocarsi a metà tra scultura e design contemporaneo.

Ci racconti qualcosa in più sul tuo progetto “le architetture del tempo”?
La serie Architetture del tempo è una serie di sculture che rilegge le trasformazioni dell’architettura italiana e mondiale. Queste sculture danno vita a edifici simbolici, mistici e onirici. Queste forme scultoree sono pensate per essere di grandi dimensioni, quasi monumentali come le architetture. Non sono oggetti da guardare e osservare dall’esterno, ma bisogna viverli entrandoci dentro. Questi elementi non sono delle sculture contemplative ma sono dei luoghi vivibili, percorribili e attraversabili. C’è un gioco di geometria e spazialità data dalle linee di contorno, che, come in un disegno, danno vita alla forma e alla tridimensionalità. Alcune opere prendono ispirazione da architetture esistenti, altre sono leggendarie, altre ancora sono inventate o rielaborate. Ma tutte sono alleggerite il più possibile rendendole essenzialmente minimal, per arrivare ad una forma primaria, pulita e semplice.

 

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Dal 2021 insegni anche arte in un liceo: quanto ti arricchisce lavorare con i ragazzi? E cambia qualcosa nel tuo modo di vedere l’arte?
Insegnare mi ha permesso di entrare in contatto con le nuove generazioni e di conoscerle meglio. Gli studenti sono una grande fonte di stimolo: grazie a loro riesco a restare aggiornato su temi che mi appassionano come il cinema, la musica e l’arte. È uno scambio continuo e, se devo essere sincero, credo che mi abbiano anche aiutato a “svecchiarmi” un po’, influenzando in modo significativo il mio lavoro. Da parte mia, cerco di trasmettere loro la mia esperienza sul campo e un punto di vista contemporaneo sull’arte e sui nuovi linguaggi, attraverso il dialogo e l’analisi condivisa.

Se potessi aggiungere una domanda che nessuno ti ha mai fatto ma che avresti voluto ricevere in questa intervista, quale sarebbe?
Chi sono gli artisti oggi? E che ruolo deve avere l’artista oggi nel 21° sec? È una domanda che credo sia necessaria per capire cosa sia fare “l’artista” oggi rispetto al passato. Una volta si stava chiusi nei propri atelier a lavorare, oggi invece è tutto diverso, ti devi proporre come artista, devi farti conoscere, devi creare un curriculum e un portfolio, devi avere degli account social e tenerli castamente aggiornati, devi rincorrere le occasioni ed è un lavoro a tempo pieno, la concorrenza è alta e nessuno aspetta più te, ma devi essere tu perennemente sul pezzo ed esser per giunta innovativo. Insomma, è un continuo inseguire gli altri e promuoversi.
Chi si sa vendere meglio sopravvive, tutti gli altri galleggiano nel marasma del mondo dell’arte. Ma credo che l’arte debba tornare ad avere contenuti forti, capaci di durare nel tempo, al di là dell’effetto wow o della spettacolarizzazione. L’artista ha il compito di smuovere coscienze, di creare domande, soprattutto per le nuove generazioni. E per farlo, serve meno individualismo e più collaborazione: la creatività è un lavoro collettivo.

 

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Com’è stata la tua esperienza con Mostrami? Cosa ti ha lasciato questa collaborazione?
L’esperienza con Mostrami è stata una delle più belle che abbia vissuto da giovane artista. Li ho conosciuti durante l’Expo 2015, quando c’era lo spazio in via Folli: una vera e propria Factory creativa con residenze, concorsi e tante attività a cui ho partecipato per sei mesi. Ho anche vinto due concorsi che mi hanno permesso di realizzare piccoli progetti di scultura, ma soprattutto è stato un momento prezioso di confronto con altri artisti. Alcuni di loro li sento ancora oggi: con alcuni abbiamo esposto insieme e siamo rimasti in contatto. Credo che oggi manchi una realtà simile, capace di creare rete e dare spazio ai giovani per crescere e collaborare.

C’è qualche progetto, personale o collettivo, a cui stai lavorando ora e di cui vuoi parlarci?
Attualmente sto lavorando a due nuovi progetti. Il primo si intitola “Difesa della Cultura”: una serie di opere monumentali che sto esponendo in diverse città italiane per promuovere la salvaguardia della cultura e sottolinearne l’importanza. Continuo a creare nuove sculture per arricchire questa collezione e rafforzare il messaggio di tutela culturale.
Il secondo progetto riguarda le “sculture performative” che sto sviluppando insieme al collettivo milanese WHYNOT, composto da ballerine e performer conosciute tre anni fa. Partiamo da sculture in ferro che realizzo io e le trasformiamo in esperienze immersive, unendo danza, musica, luci, colori – alcune opere sono anche fluorescenti – e coinvolgendo attivamente il pubblico. Queste performance stanno viaggiando molto e le proponiamo ovunque nascano nuove collaborazioni artistiche. Affrontiamo temi profondi come interiorità, collettività, condizione femminile, emancipazione e libertà.

 

L’intervista giunge al termine, speriamo vi sia piaciuta e che vi abbia fatto conoscere meglio il mondo creativo e umano dell’artista scultoreo Giancotti. Continuate a seguirlo nei suoi progetti e nelle sue esplorazioni artistiche, e seguite anche noi per scoprire altri artisti, storie e visioni che meritano di essere condivise!

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